Autostima ed Autoefficacia

AUTOSTIMA - Alta o Bassa ?

Ai fini dell’autostima non conta tanto come ci si vede e ci si valuta, quanto il rapporto tra le valutazioni che diamo di noi stessi e le aspirazioni: per definire il livello di autostima di una persona è importante valutare la discrepanza tra questi due costrutti; tanto maggiore sarà la discrepanza, tanto più bassa sarà l’autostima e viceversa.

 

Che cos’ è L’AUTOSTIMA?

L’autostima può essere genericamente definita come il valore positivo che una persona si attribuisce, il sentirsi bene con se stessa, la soddisfazione per il proprio modo di essere e i risultati conseguiti, la fiducia generica nelle proprie capacità.

 

 

Cosa determina l’autostima?

Il concetto che una persona ha di sé si forma a partire dai primi anni di vita, sulla base dell’immagine che le viene riflessa dalle persone più significative (genitori, familiari, insegnanti, amici…), che vengono assunte come punto di riferimento. Esso deriva, quindi, dalle esperienze vissute, dalla storia di apprendimento, dal tipo di educazione ricevuta.

 

I primi anni di vita e lo stile relazionale dei genitori e delle figure di riferimento sono molto importanti; i modelli che abbiamo avuto e il fatto che certi nostri comportamenti, pensieri ed emozioni siano stati rafforzati (premiati) o puniti, ci ha portato a definire i nostri valori, il nostro modo di pensare e di agire. Nella costruzione del concetto di sé sono quindi, fondamentali le esperienze avute e soprattutto le interpretazioni e i significati che sono stati e sono loro attribuiti.

 

L’idea che abbiamo di noi dipende anche dalle norme/valori tipici del contesto in cui cresciamo e viviamo, e dalle nostre esperienze di successo e fallimento. Le griglie di lettura o schemi cognitivi, che di conseguenza sviluppiamo nella nostra mente, vengono da noi “coltivati” e rinforzati, e poi riproposti anche in altri contesti e in altri tempi, spesso in modo automatico e inconsapevole.

 

Il concetto che abbiamo di noi stessi, dunque, lo abbiamo sviluppato in gran parte in gioventù; un’ analisi del modo in cui siamo stati condizionati dagli altri in quei primi anni, ci aiuterà a conoscerci meglio. Un modo per esaminare questo processo di condizionamento è quello di analizzare come il nostro passato ha determinato il nostro comportamento attuale: il nostro modo di socializzare, infatti, dipende dall’ambiente in cui abbiamo vissuto e da come siamo stati educati a comportarci e a comunicare. Durante l’adolescenza, la nostra personalità si modella sulla base della personalità degli adulti che ci circondano, e questo avviene in diversi modi: attraverso le critiche e i giudizi che riceviamo, i messaggi volti a imporci o a consigliarci determinati comportamenti, gli elogi e le attenzioni, le punizioni e infine i sentimenti che ci è concesso provare e manifestare.

 

 

Esempio: Per manifestare la loro disapprovazione, i genitori di Paolo lo ignoravano per ore o per giorni, fino a che non si comportava esattamente come desideravano loro. Paolo aveva un solo modo per rientrare nelle grazie dei genitori: essere come volevano loro, rinunciando ad essere se stesso. Ed è proprio così che si comporta oggi: asseconda i desideri e le esigenze altrui, a spese delle proprie. Poiché non vuole fare niente che possa farlo risultare antipatico alla gente, evita di discutere. Il suo forte desiderio di approvazione e il suo spirito di sacrificio si traducono in una scarsa stima di sé e in un comportamento passivo e teso a rendersi simpatico a tutti.

 

Tale discrepanza può assumere forme diverse, cui corrispondono emozioni e stati d’animo specifici:

tra il come sono e il come vorrei essere; (stato d’animo: scontento, demotivato)

tra il come sono e come dovrei essere (stato d’animo: senso di colpa e disprezzo)

tra il come sono e come credo che gli altri vorrebbero io fossi; (stato d’animo: inadeguatezza)

tra il come sono e come credo che gli altri ritengano che io dovrei essere, (stato d’animo: senso di colpa oppure senso di minaccia e/o paura)

 

Una bassa autostima produce:

  • una scarsa fiducia in se stessi e nel mondo;
  • una difficoltà ad ascoltarsi ed individuare obiettivi realistici e coerenti con le proprie aspirazioni;
  • la mancanza di un progetto di vita personale;
  • la tendenza a reagire d’impulso anziché pensare cosa desiderate e chi siete;
  • l’incapacità di assumersi la piena responsabilità della vostra vita e della vostra felicità;
  • il mancato riconoscimento del vostro diritto di manifestare pienamente e liberamente voi stessi;
  • la ricerca del consenso altrui, scarso spirito di iniziativa e scarsa disponibilità a rischiare;
  • la paura di assumervi la responsabilità dei vostri comportamenti in modo costruttivo e positivo.

 

L’AUTOEFFICACIA – che cos’ è?

L’autoefficacia è la fiducia di una persona nelle proprie capacità, abilità, potenzialità di esercitare un controllo sugli eventi e gestire la propria vita. E’ quindi il senso di “essere capace di”, di avere le abilità tecniche per svolgere con successo un determinato compito che si può avvertire come problematico. L’autoefficacia corrisponde alla convinzione di “sapere di saper fare”, che si traduce nella capacità di utilizzare al meglio le proprie abilità, traendo il massimo vantaggio dalle possibilità dell’ambiente.

 

Alcune ricerche sperimentali hanno dimostrato che:

a) la modificazione dell’autoefficacia (aumento/diminuzione) comporta variazioni significative nei livelli di performance, nell’umore, nell’impegno, nello stato di salute;

b) l’autoefficacia può essere rafforzata;

c) l’autoefficacia percepita, sulla quale si può direttamente influire, è sempre specifica ad un ambito di attività o ad una particolare classe di prove o situazioni.

 

Le fonti delle convinzioni di autoefficacia

Le convinzioni delle persone riguardo alla propria autoefficacia si possono originare da quattro fonti principali.

 

Le esperienze dirette di gestione efficace, ovvero quelle in cui una persona affronta effettivamente una determinata situazione, costituiscono la via più proficua per acquisire un forte senso di autoefficacia. I successi determinano una solida fiducia nella propria efficacia personale, i fallimenti, invece, la indeboliscono.

 

L’esperienza vicaria, fornita dall’osservazione di modelli. Il vedere persone simili a sé che raggiungono i propri obiettivi attraverso l’impegno e l’azione personale, aumenta nell’osservatore la convinzione di possedere anch’egli le capacità necessarie a riuscire in situazioni analoghe. Allo stesso modo, l’osservazione di persone che falliscono, nonostante l’impegno, indebolisce il senso di autoefficacia dell’osservatore, abbassandone anche il livello di motivazione. L’impatto che può avere un modello è fortemente influenzato dal grado di somiglianza: è tanto più forte quanto più i modelli sono percepiti come molto simili.

 

La persuasione; le persone che sono state convinte da altre di possedere le capacità necessarie per compiere efficacemente determinate attività, hanno più possibilità di attivare un impegno maggiore e prolungato rispetto a quelle che hanno dei dubbi in tal senso.

 

Stati emotivi e fisiologici; è possibile modificare le convinzioni di autoefficacia, migliorando le condizioni fisiche, riducendo la propensione allo stress e ad emozioni negative.

 

Le persone con un basso senso di autoefficacia…

Si allontanano intimidite dalle attività “difficili” e le considerano una minaccia personale;

Hanno basse aspirazioni e investono scarso impegno nel raggiungimento degli obiettivi che scelgono per se stesse;

Di fronte a compiti difficili, si concentrano sulle proprie carenze personali, sugli ostacoli che incontreranno e su tutte le conseguenze negative possibili, piuttosto che concentrarsi su cosa fare per riuscire;

Riducono il proprio impegno e rinunciano facilmente quando si trovano di fronte a difficoltà;

Recuperano lentamente il loro senso di efficacia in seguito ad insuccessi e regressioni;

Non hanno bisogno di molti insuccessi per perdere fiducia nelle proprie capacità poiché attribuiscono le prestazioni scadenti alla propria mancanza di abilità e doti personali;

Sono soggette allo stress e alla depressione.

 

Le persone con un alto senso di autoefficacia, invece…

Affrontano i compiti difficili come sfida da vincere piuttosto che come pericolo da evitare, e tale atteggiamento costruttivo favorisce la motivazione a impegnarsi in ciò che fanno;

Si pongono obiettivi ambiziosi e restano fortemente impegnate nel loro raggiungimento;

Di fronte alle difficoltà intensificano il loro impegno e lo mantengono costante;

Recuperano velocemente il loro senso di autoefficacia in seguito ad insuccessi o regressioni;

Attribuiscono l’insuccesso ad un impegno insufficiente o a una mancanza di conoscenza o di abilità che possono essere acquisite;

Affrontano le situazioni difficili con la sicurezza di poter esercitare un controllo su di esse;

Grazie al loro atteggiamento efficace, hanno successi personali, limitando lo stress e la vulnerabilità alla depressione.

 

Il livello di autostima e di autoefficacia percepita svolgono un ruolo fondamentale nel modo di pensare della persona e, di conseguenza, nel modo in cui questa decide di comportarsi nelle varie situazioni interpersonali. Una limitata fiducia nelle proprie capacità e possibilità porta ad evitare di affrontare molte situazioni, il ché a sua volta rafforza il senso di impotenza e di scarso valore.

 

Se io penso di non valere e di non essere interessante quando sono con altre persone, cercherò di stare seduta in un angolo in silenzio; in questo modo sarà facile che nessuno o pochi mi rivolgano la parola, il ché confermerà la mia idea iniziale di non valere.

 

D’altra parte, credere nel proprio valore spinge a “rischiare” e a voler raggiungere i propri obiettivi, cosa che porta ad esporsi e che, a sua volta, facilita il raggiungimento dei propri scopi. Se ritengo di valere e di poter essere anche simpatica è più facile che parli, dica la mia, partecipi alla conversazione; questo aumenta la probabilità che anche gli altri interagiscano con me, cosa che confermerà la mia idea di essere una persona che vale la pena conoscere.

 

A chi rivolgersi? 

Difficilmente ci rivolgiamo ad un terapeuta per problemi di autostima; Ma quando essa condiziona il nostro benessere ed è alla base di molti disturbi emotivi e comportamentali, può diventare motivo di una richiesta terapeutica. Non esistono pillole miracolose per incrementare l’autostima, tuttavia è possibile farlo. Per fare ciò, basta rivolgersi ad un bravo psicoterapeuta che saprà indirizzarci e aiutarci ad incrementare la fiducia in noi stessi aumentando così la percezione di benessere. Oppure se riteniamo di avere una bassa autostima ma che non abbiamo ancora disturbi conclamati, possiamo rivolgersi ai corsi di crescita personale oppure corsi di assertività e autostima. Ci aiuteranno ad essere maggiormente consapevoli e ad apprendere strategie diverse per affrontare la nostra vita.

 

Letture Consigliate

“Mi vado bene? autostima e assertività” , Autore: M. Giannantonio, ediz.: Erickson (2009)

“Piacersi non piacere”, Autore: E.Rolla, ediz. Universale reprint (2006).